Bernardi, lo Zeman dell’editoria

Luigi Bernardi era un fiume in piena, e non lo dava a vedere. Sembrava un fiume che scorre lento e placido verso il mare. Era il 2009. Io avevo scritto un libro, Bastardo posto, che doveva uscire per Newton Compton (e la Newton lo aveva annunciato nel catalogo dei suoi primi quarant’anni). Con la Newton, però, le cose si misero male. C’è la crisi, ci sono 900 prenotazioni, mi scrissero, meglio aspettare. Dopo un anno stavo ancora aspettando. Mi accordai con la Newton,  mi ripresi Bastardo posto, e lo proposi ad editori o editor che mi piacciono.
Lo mandai quindi anche a Luigi Bernardi e lo mandai a una casa editrice che mi è sempre piaciuta, medio-piccola ma di grande visibilità, perché propone ottimi libri e autori anche noti. Mi risposero tutti e due, affermativamente. Bernardi-fiume-in-piena però mi lesse immediatamente. Invio del manoscritto («leggo a video, mandami pure il file» mi disse) e risposta nell’arco di due giorni. Quel che mi rispose lo ometto: ho sempre avuto la sensazione che Bernardi esagerasse nei complimenti con tutti i suoi autori, e quindi anche con me, così che tutti si sentissero considerati, e tanto, da lui. (Però era anche schietto. Mi aveva scritto: «Lo scommettitore mi è piaciuto un sacco, Dicono di Clelia non mi ha convinto del tutto»).
Comunque. Feci, credo, commisi uno dei tanti errori della mia vita (editoriale): preferendo Bernardi e il suo Perdisa Pop all’altra casa editrice forse persi un treno importante. Mi spiace averlo perso, m al tempo stesso non mi spiace: perché è stato bello lavorare con Luigi, vederlo, anche se solo cinque volte (cinque volte che non dimentico: una volta a Roma, una a Vercelli, due a Bologna e una al Salone di Torino), scambiare mail e telefonate con lui. Spesso ridevamo di quelli che se la tirano, oppure parlavamo di gatti.
Ci eravamo conosciuti su facebook, io e Bernardi, una domenica. Aveva scritto un commento da tifoso juventino e io, da tifoso della Fiorentina, gli avevo risposto sbattendogli in faccia Zeman. «Sarebbe un bel soggetto da raccontare in un romanzo» mi aveva risposto.
Era lo Zeman della narrativa, lui. I suoi buoni campionati, con Einaudi e Perdisa Pop, insomma con la Juve e la Juve Stabia, li ha fatti. Insomma, mi ha allenato un po’.

Come scrittore eri un fuoriclasse, invece.
«E’ un bastardo posto l’editoria» mi scrivesti in una mail (le conservo tutte). Cercati un editore valido».
«E tu?»
«Chi vuoi che lo prenda uno scrittore che si avvicina ai sessanta?» mi rispondesti amaro.

Sai Luigi, quando mi tiravi giù dal letto alle sette di mattino non me la sentivo di dirti che mi avevi svegliato sul più bello (io, allora, dormivo dalle 4 alle 9). Ma era bello sentire la tua voce mentre sorseggiavi un caffè…

Un abbraccio caro Luigi.

 

9 pensieri su “Bernardi, lo Zeman dell’editoria

  1. Credo di averlo veduto, in una presentazione appassionata, proprio qui, a Bologna.
    Si trattava di” Bastardo posto”, penso.
    Magari mi sbaglio perchè il tempo corre e, con lui, la memoria fugge via. :)

  2. Non lo conoscevo, ma mi dispiace.
    E per i treni che si prendono e si perdono, così è la vita, per quel poco che sono riuscita a imparare: vantaggi e svantaggi sono sempre mescolati e, qualunque strada si scelga, si devono sempre fare i conti con ombre (più o meno dense) di rimpianto.
    Un abbraccio da Rosalia.

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