Raccontiaquattromani/10

Con gli occhi spalancati

Sillabavo quelle parole. Sillabavo “malattia” e “morte”. Ma-lat-tia, mor-te, e poi di nuovo e di nuovo: ma-lat-tia, mor-te. Contavo le lettere, le volevo imparare a memoria, sentire il loro suono, capirle finalmente quelle stronze di parole. Le volevo sciogliere tra le labbra, nasconderle, farle morire anche loro.
Pensavo a quelle parole ma l’unica parola che avevo in mente davvero era Amore. L’unica che volevo sillabare urlare ingoiare era amore.
A-mo-re, a-mo-re, a-mo-re. L’unica cosa che avevo in mente, mentre lei era ancora davanti a me, con gli occhi spalancati e stesa su quel letto dove avevo consumato l’infamia più grande e ti avevo amata tramite il suo corpo, eri tu. Avevo lei lì davanti, morta e stesa sul nostro letto e mentre piangevo per lei e per la nostra vita in frantumi, e per chi eravamo stati, l’unica cosa che volevo eri tu!
Lui la guardò con ansia come a cercare conferma al suo impeto. Lei era silenziosa ma attenta, lo capiva da come si toccava le mani e si rigirava l’anello con la pietra turchese, quello che lui le aveva comprato un giorno, e lui si sentì incoraggiato a proseguire.
Sei tu l’unica cosa che ho in mente da sempre. Tu quella che ho cercato in ogni donna che ho incontrato in questi anni, tu l’unica che sa chi sono e non ne prova disgusto. Solo con te posso essere chi non ho mai potuto e solo tu mi permetti di dilatarmi e di confluire in te.
Questi anni sono stati un macigno al collo ma non potevamo distruggere le nostre famiglie e derubare i nostri figli dei sacri valori in cui non crede più nessuno. Ma ora che lei non c’è più, niente ci terrà lontani. Vieni qui e abbracciami. Non posso attendere oltre. Non possiamo permetterci di sprecare altri minuti regalandoli al tempo che è sempre pronto a derubarci delle persone e dei momenti.
Rendi vero tutto ciò che ho desiderato in questi anni. Rendi vero l’uomo che posso essere.
Fai di me e di te quel noi che dobbiamo diventare.
Lascia tutto ciò che sei, annienta il me che sono stato finora e lasciati amare finalmente.
E amami, finalmente.
Lei alzò gli occhi solo a questo punto, proprio come se stesse leggendo un libro e, finita una pagina, si preparasse a voltare per proseguire la lettura. Si alzò in piedi e lo fissò.
Ma perché gli uomini sono così cattivi? Ho letto queste parole in un libro, non chiedermi il titolo, non me lo ricordo più, quello che so è che mi scorrono continuamente davanti come in un display.
Sostieni che mi ami e non ti accorgi che lentamente mi hai ucciso. Hai ucciso la donna che ero, quella che con fatica e sacrificio e rabbia, sì, tanta rabbia, ho costruito in questi anni.
Continui a ripetere che l’unica parola che avevi in mente davvero era Amore, ma io credo che tu non conosca il vero significato di quella parola.
Pensi che corrisponda a questa sorta di ossessione che ci ha resi ciechi facendoci precipitare in un abisso senza via d’uscita, senza speranza?
Qualcuno ha detto che solo chi diventa cieco, solo chi si muove ad occhi chiusi, riesce veramente a vedere. Un tempo anch’io ci credevo. Ora non più.
Se chiudo gli occhi non è la verità quella che mi compare davanti ma l’inganno, l’inganno delle tue labbra che sussurrano incantesimi alle mie orecchie che credevo sorde, per poi scivolare esperte lungo il mio corpo che brucia e rabbrividisce in balia di queste avide esploratrici, l’inganno delle tue mani così furiose quando prendono i miei fianchi e delicate mentre giocano con i miei seni, delle tue dita che seguono linee invisibili tracciate sulla pelle fino a frugare dentro me alla ricerca di quell’essenza miracolosa che tu credi ti possa ancora salvare. La tua voracità insaziabile goccia dopo goccia mi ha svuotato l’anima.
Pensi davvero che tutto questo sia l’amore, l’amore che redime, che salva, che lenisce ogni dolore?
No, non sto rinnegando quello che c’è stato tra noi. Avevo bisogno di te come tu di me.
A volte vittima, a volte carnefice: la nostra è stata una recita con ruoli intercambiabili.
A forza di nutrirci l’uno dell’altra eravamo diventati identici: un solo essere, una sola anima. E’ stato allora che ho aperto gli occhi e mi sono spaventata. Come potevo amarti, annullandomi completamente? Non ero più io, e questo non potevo accettarlo.
In realtà, non era di me che tu avevi bisogno ma di un sogno d’amore che ti potesse salvare.
Il mondo che ci siamo inventati tu ed io è un mondo che non esiste, un mondo costruito con fili di fumo: è bastato un alito di vento e ci siamo ritrovati allo scoperto con indosso soltanto le nostre miserie.
Ma adesso tutto è chiaro e all’improvviso è così squallido. Cerchiamo di essere sinceri, almeno ora che lei è morta. L’abbiamo uccisa noi, l’hai uccisa tu giorno dopo giorno con la tua indifferenza costringendola a diventare invisibile mentre ascoltava le tue parole false e ironiche cariche di disprezzo. Sentiva la tua repulsione ogni volta che la sfioravi solo per dovere coniugale. Tremo al pensiero di come dovesse sentirsi umiliata e sola. Prima non mi preoccupavo del suo dolore, per me era come se non esistesse. Ma ora che è morta, ora che non c’è più, provo per lei una grande e dolorosa compassione. Chiamala come vuoi: solidarietà, rispetto, ma ora non posso più ignorarla e se da viva non era per me un ostacolo, accecata com’ero dalla passione, ora so che non potrò più tradirla.
Ora so che non possiamo stare insieme. Ora so che è tutto finito. Tra noi niente può più esistere. Noi non ci siamo più, capisci? “Noi” non è mai esistito davvero. Era solo frutto del tuo egoismo, del tuo volermi come fossi un prolungamento di te, del tuo essere.
Perciò me ne vado. Con gli occhi spalancati

27 pensieri su “Raccontiaquattromani/10

  1. ah, ecco, questo commento mi riporta alla mente l’appunto sulla sillabazione. Vorrei dire che il protagonista del racconto sillabava tra sé, come per recitarsi un mantra, per esorcizzare il dolore e lo stupore sui sentimenti misti che provava in quel momento. Non sillabava per essere inserito nel dizionario.

  2. scusate tutti, sarà che le contorsioni mattutine mi stimolano, sarà che il famoso terzo occhio, cioè l’epifisi, cioè la ghiandola pineale si è già atrofizzata e quindi non la uso per interpretare, ma a parte il suggerimento sulla sillabazione, non ho assolutamente trovato tutta questa nebbia. nebulosa è la situazione raccontata, non il modo. certo, la matita al femminile emerge chiara, non meno la maschile. non ho trovato neanche così tanta difficoltà a seguire prima, seconda terza persona ed a distinguerle nello scorrere delle parole…del resto, sono cose che si vivono, a volte, e lasciano lo stesso amaro in bocca del chiudersi del racconto. materia delicata, non per questo da non trattare e scrivere a quattro mani è una grossa scommessa…lasciando stare le frasi “pre-confezionate”, l’ho assorbito bene. triste? più che altro vero, con tutti i suoi limiti di racconto “azzardato”…oddio,sarà per la ghiandola pineale partita?! antonia.

  3. Non voglio dare giudizi su questo racconto, le difficoltà nello scrivere a due mani sono innumerevoli e già l’essersi messo in gioco va premiato.
    Non mi convince sotto molti aspetti. Ma rimane pur sempre un mio personalissimo giudizio.

  4. @antonellapizzo, anch’io l’ho letta così e già ci ho capito poco, ma poi dai commenti mi è sembrato emergesse un cadavere per davvero. Allora mi sono detta: non ho capito una ceppa.

    @temporalia, concordo con te, il tema è crudele e purtroppo riscontrabile spesso. Il racconto per me è nebuloso.

  5. Un racconto crudele. Come le situazioni reali che spesso accadono e proprio così emozionalmente. Vederle scritte nero su bianco, però, non fa piacere.
    Materia assai delicata, come detto da molti.

  6. ma quale morta? la morta è la stessa protagonista, è morta la donna che era prima, quella che amava con gli occhi chiusi. ma sono io che non ho letto bene? a me sembra un giallo psicologico, sembra che ci sia un cadavere e invece non c’è, una nuova donna nasce dalle ceneri della prima. oh se sto sbagliando ditemelo per favore, può essere che non ho capito nulla. antonella

  7. che bello… comincio a sentire voci che chiedono il racconto e non la descrizione di tutto quello che passa per la mente.
    A chi, poi?
    L’idea era buona, cavolo se lo era. Ma bisognava avere un po’ più di coraggio, non avere dubbi, affondare, togliere il fiato al lettore, aspettarsi di essere mandati a quel paese, di essere disconosciuti.
    Altrimenti perchè affrontare un tema come questo?

    Datece le storie!!!!

    :-))

  8. Una mia amica mi ha rimproverato perché dice che in alcune cose piccole che ho scritto e che lei ha letto, mi sono sempre fuori donne da perdere e uomini da compiangere o rincorrere.
    Che sarà?

  9. Ho pensato a fondo a questa cosa del narrare/spiegare. In effetti i racconti che piacciono veramente sono quelli che ci raccontano una storia, non quelli che ci spiegano quanto siamo cattivi/buoni/traditori/traditi. Qui la storia rimane in secondo piano, insieme a quel cadavere di donna tradita. Forse e’ il tema che non paga piu’, bisognerebbe cambiare registro.
    Laura

  10. ho una domanda.
    ma perché gli uomini devono sempre essere stronzissimi e le donne sante peccatrici?
    a costo di essere banalmente ripetitiva:
    mah.

  11. Concordo sul fatto che una volta ciechi non per forza si sviluppa il terzo occhio.
    Poi purtroppo, se devo essere sincera, ho capito poco. J’accuse, d’accordo, ma non ho capito bene alla fine, chi avrebbe dovuto accusare chi. Chiedo venia.

  12. Leggevo, con qualche difficoltà, e pensavo: dove andiamo a parare? approntiamo lettino e psicanalista, ma ci vorrà pure chi mi racconta qualcosa, alla fine.
    Vabbè, sono arrivata in fondo e, mi pare, di aver colto un pianto di coccodrillo…ma forse sbaglio.
    Concordo con chi ha espresso perplessità sul narrare-non spiegare.

  13. Annalisa ha spiegato bene ciò che ho percepito dalla lettura del racconto. Soprattutto condivido “si spiegano tante cose, ma se ne raccontino poche”. Ciao Annalisa, ciao a tutti Lucia

  14. Ho fatto fatica a capire.
    Ho dovuto rileggere per capire il senso del passaggio dalla prima persona alla terza, e poi di nuovo alla prima e poi alla terza. Forse andava segnalato con delle interruzioni o con il corsivo.
    Ma ugualmente trovo poco scorrevole la storia che si dipana vista da dentro e vista da fuori.
    D’accordo con EvaCarriego: certe frasi sembrano da manuale e sono assai “fatte”.
    Letto e riletto, trovo qualche incongruenza anche nella figura femminile.

    Se posso fare due osservazioni generali, mi sembra che prevalgano racconti in cui si spiegano tante cose (70%), ma se ne raccontino poche. Forse è questo che rende per me a volte difficoltoso apprezzarli del tutto.
    La seconda osservazione: il fatto che siano tutti racconti tristi, o dolenti, o drammatici, significa che solo in questa veste si riesce a scrivere (o si può tentare di scrivere) un racconto apprezzabile?

  15. La parte “al femminile” – da cui il titolo “Con gli occhi spalancati” – è a mio avviso decisamente superiore.
    In entrambe le parti frasi preconfezionate, verosimilmente da addebitarsi al genere (che trovo davvero difficile da trattare).
    Richiamo a numerosi film e letteratura rosa già digeriti eoni fa: lui, lei, l’altra:”non potevamo distruggere le nostre famiglie e derubare i nostri figli dei sacri valori in cui non crede più nessuno”; il nostro amore non può nascere sulle macerie dell’infelicità altrui; non c’é più gusto se non possiamo nasconderci e altre facezie similari.
    Nel terzo capoverso, senza motivo apparentemente plausibile, si passa dalla prima alla terza persona.

    ciao, buon primo caffè a tutti.

  16. come pasta e fagioli: buono ma pesante. peraltro la pesantezza ammazza la bontà. una strizzata d’occhio a bergman e una ad antonioni. ma se ne esce vivi a fatica, con la maschera dell’ossigeno.

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